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21 Nov 2024 20:27
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La mostra di Jannis Kounellis e Michele Zaza negli spazi della Chiesa del Luogo Pio, in collaborazione con il Comune e la Provincia di Livorno, organizzata dall'Associazione Culturale React, (Ricerca Esperienze Arte Contemporanea) prevede la realizzazione di due importanti installazioni pensate e realizzate in conformità con il luogo espositivo.
In collaborazione tra loro, gli artisti entreranno in dialogo con la struttura barocca della chiesa per restituire una nuova dimensione sacra e segreta, misteriosa ed "autentica".
Un dialogo unico, in due atti.
Con questo evento React prosegue il monitoraggio delle potenzialità culturali del proprio territorio iniziata nel 2001 attraverso l'organizzazione di mostre, workshop ed eventi culturali e il coinvolgimento di un pubblico sempre più vasto.
Kounellis apre una sorta di epos del visto e del vissuto. Inizia la sua ricerca creando una scrittura monocroma alfanumerica, fatta di frammenti linguistici tratti dal quotidiano, dove si evidenzia l'impegno politico sul reale, di contro a possibili interpretazioni concettuali.
Kounellis sceglie di stare "dentro" il linguaggio nella sua peculiare dialettica tra pubblico e privato, allontanandosi, così, sia dall'impersonalità di matrice minimal, che dai "flussi di coscienza" dell'informale segnico.
Nel 1967 esordisce con l'utilizzo di materiali naturali, in netta rottura con la tradizione iconica. Qui assistiamo all'esplosione della struttura vitale, al passaggio dal segno linguistico al gesto concreto.
Alla forma riprodotta sul supporto si sostituisce l'azione e l'esperienza che fanno della sua arte un percorso vissuto e corale.
La sensorialità e la tattilità diventano il segno di una coscienza critica dell'esserci come mittenti e destinatari dell'arte.
L'artista presenta il vero così com'è, non elabora l'oggetto, ma lo rende fenomeno. E' la vita che si fa opera d'arte con tutte le sue possibili evoluzioni.
La materia visionaria, i comportamenti, gli odori, il peso, il nero profondo non prevedibile ma meravigliante, sono l'essenza del lavoro di Kounellis.
Scritte, segnali, oggetti quotidiani come sacchi, letti o indumenti, elementi naturali come caffé, carbone o cotone sono fisicamente presentati nello spazio espositivo, elementi ricorrenti che sono sia l'eco di un uso autobiografico sia il simbolo di una condizione, di una visione mobile fra culture differenti, immersa in un quotidiano carico di ricordi di altri tempi e luoghi.
Una treccia di capelli, un uovo o un pappagallo appollaiato su un trespolo, invece di alludere al soggetto rappresentato, portano in primo piano la loro stessa presenza reale, tangibile. L'energia del fuoco e degli animali, del carbone e delle strutture in ferro, tocca una condizione antica e leggendaria.
La "voracità poetica" di Kounellis traspare in una carica simpatetica che unisce contingente ad effimero, mito e vita. L'attacco al pubblico è aggressivo e diretto, mira alla coscienza sensoriale, trasporta inquietudine.
Di Michele Zaza, il pensatore di immagini come ama definirsi lui stesso, nato a Molfetta nel 1948, vicino a Bari, conosciamo innanzitutto, negli anni 70 , le opere che convocano, restituiscono e esplorano "la scena primitiva".
La madre, il padre, i figli e qualche oggetto o semplice materiale con valenza simbolica, appaiono in questo racconto, arcaico e attuale, che tesse i legami, i luoghi, le situazioni in seno ad una famiglia e ad una città del Sud.
Gli scatti, a illuminazione regolata, realizzati in bianco e nero, poi a colori a partire dagli anni 1974/1975, con l'aiuto di un fotografo, si traducono in un teatro da camera a volte banale e sottile, sempre indicibile e intelligibile , dove appaiono l'artista stesso e i suoi genitori, il viso spesso colorato in bianco, nero o blu, presi in un tempo veramente singolare, dal ritmo lento, accordato alle attitudini ieratiche.
Andando più in là possiamo affermare che, attraverso l'estraneità,
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