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22 Nov 2024 4:50
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I Diari di Viaggio di BlogTurismo.it |
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Evoluzione organolettica del Brunello di Montalcino dal 1977 al 2007. Gianfranco Soldera, intervenendo al convegno veronese dell’International Academy of Sensory Analisys, si domanda cosa è diventato il Brunello da trent’anni a questa parte, e chiede ai sensorialisti presenti, tra i quali i professori Mario Fregoni e Roberto Zironi, di tracciarne un profilo utile ai nuovi consumatori. “L’analisi sensoriale potrebbe tracciare i profili organolettici del Brunello di Montalcino, tenendo conto della sua evoluzione dagli anni ‘70 ad oggi. Con un duplice obbiettivo: riportare il Brunello al rispetto delle regole che lo hanno fatto conoscere e edurre il consumatore sulle differenze intervenute”. Così, il famoso e storico produttore proprietario dell’Azienda Case Basse, ha introdotto l’argomento Brunello in occasione del convegno “L’analisi sensoriale per capire il mercato agroalimentare”, durante l’ultimo Vinitaly. Un convegno che ha individuato i futuri obbiettivi per una migliore educazione al gusto dei nuovi consumatori. “Nel ‘77 si producevano 700 mila bottiglie di Brunello- ha proseguito Soldera - eravamo venti produttori, due producevano 15000 e 35000 bottiglie; nel 2007 siamo 200 produttori che producono 12 milioni di bottiglie e ci sono gli stessi due produttori di prima che continuano a fare ancora 15mila e 35mila bottiglie. E gli altri milioni di bottiglie contengono vini che sono assolutamente diversi dal modello 1977″. Quale il ruolo dell’analisi sensoriale a fronte di questa evoluzione disordinata? “L’analisi sensoriale - afferma il produttore di Brunello - dovrebbe attestare, certificare questi cambiamenti. Dirci, se possibile, qual’è il vero Brunello: quello del 77 senza barrique, senza colori sospettabili di aggiunte improprie, dentro botti grandi per 4 anni o quello del 2007, con tanta barrique, probabili aggiunte al Sangiovese, dentro botti di qualsiasi tipo per 2 anni? Questo me lo dovrebbe dire l’analisi sensoriale, non solamente per individuare anomalie, ma per compiere studi atti a capire questa evoluzione”. “Il consumatore - così conclude Soldera - verrebbe a sapere che quello stile di Brunello del 77 si poteva ottenere solo in particolari zone di Montalcino, in microterritori assolutamente unici, e che per passare da 700mila bottiglie a 12 milioni si è dovuto operare una semplificazione dei caratteri in direzioni preconfezionate da qualche movimento di opinione.” Già del Brunello di Montalcino, esaminato dal lato della complessità aromatica, aveva introdotto il prof. Roberto Zironi, ordinario di industrie alimentari dell’Università di Udine, nella sua relazione al convegno: “La logica dei prodotti di nicchia - affermava Zironi - gioca chiaramente sulla complessità aromatica, che è difficilmente imitabile in laboratorio e difficilmente riproducibile fuori dalla zona d’origine; si può piantare Sangiovese dappertutto ma difficilmente i caratteri del Brunello li puoi riprodurre, se non in un ambiente del tutto simile che non esiste. Il vino di Montalcino quindi diventa un prodotto unico, tipico nel vero senso della parola”. Da quali analisi Zironi è arrivato a parlare di Brunello, in un incontro accademico che intendeva sottolineare i guasti dell’omologazione del gusto nell’industria alimentare, capaci di creare in pochi anni una popolazione di obesi privi di capacità discriminante nella scelta di cibi e bevande? “Una logica multinazionale - afferma l’accademico - ha come obbiettivo quello di vendere della grande quantità di prodotto; utilizza dunque messaggi sensoriali semplici, non potendosi permettere di riprodurre Montalcino in funzione del suo mercato, e così si crea una spirale perversa. Se tu vuoi ottenere messaggi sensoriali semplici devi affidarti a molecole ben definite e queste molecole, di solito grasse, devono essere veicolate nell’alimento in forma statica; dal punto di vista degli ingredienti alimentari, i grassi sono quelli che costano meno, quindi si ottiene il duplice vantaggio
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